Il Festival che emigra

Calanchi, colline aspre e brulle situate lungo le pendici del massiccio del Pollino che ovunque si ruoti lo sguardo è lì, presente, rassicurante. Si sale e si sale lungo strade che a fine estate sembrano bruciate. Si lascia la Salerno – Reggio Calabria per entrare nel mondo arbëreshë. Lungo la via, poche case qua e là. Una bella sensazione di aria pulita, profumo di mentuccia e finocchio selvatico. Le comunità arbëreshë sono di origine albanese e arrivarono in quelle zone circa cinquecento anni fa, in fuga dalla violenza turca. Occuparono terre e villaggi allora abbandonati. Soltanto nella Calabria sono circa cento gli insediamenti e la maggior parte nella Provincia di Cosenza.

Rigorosamente dislocate in punti isolati e impervi, lontane le une dalle altre e separate da strade tortuose, oggi la maggior parte delle comunità conserva le proprie tradizioni, propri riti religiosi. La lingua ha assunto una propria connotazione rispetto a quella d’origine, tanto che si calcola che solo il 45% dei vocaboli della lingua arbëreshë siano di origine albanese, ma gli usi e i costumi sono sempre rimasti gli stessi: dagli abiti – bellissimi -tradizionali, alla cucina. Ci si arriva abbastanza agilmente ora, a seconda di dove si vuole andare, c’è un’uscita autostradale relativamente vicina. Il programma del Festival delle Migrazioni che da undici anni l’associazione Don Vincenzo Matrangolo organizza ad Acquaformosa, quest’ anno, per la prima volta è stato dislocato lungo tutti i territori dei Comuni aderenti all’associazione. Sette Comuni per sette tappe, sette giornate intense. Un viaggio nel viaggio tra migrazioni di oggi e di ieri. Prima tappa Cerzeto. Ci accoglie il sindaco, Giuseppe Rizzo, architetto nella vita privata, “Putin” nella vita pubblica. Lo chiamano scherzosamente così perchè è un decisionista, uno che sa quando è il momento di porre fine alle polemiche e agire. Ha lavorato lungamente a Firenze e poi ha deciso di tornare nella sua terra d’origine. E’ grazie a lui se a Cerzeto è stato avviato un progetto di accoglienza (SAI) che attualmente occupa 18 persone e permesso di dare vita ad una serie di attività che hanno rivitalizzato il paese.

L’ostello comunale è un edificio nuovo, ampio che può accogliere circa venti persone ed è frequentato da giovani, studenti in Erasmus e pellegrini del cammino di San Francesco di Paola. Il passaggio dei pellegrini è aumentato considerevolmente negli ultimi tempi e solo quest’anno sono state circa 600 le persone che hanno transitato per i sentieri e il paese di Cerzeto, ospitate anche nelle case dei privati. Il centro di accoglienza è gestito da giovani che ogni giorno rispondono alle esigenze di circa cinquanta ospiti di diverse nazionalità che vivono nelle case del paese, gestite dall’associazione Cerzeto Solidale. L’accoglienza ha prodotto benessere alla collettività incrementando l’economia ed evitando così il rischio spopolamento. Una mostra fotografica inaugurata il 25 agosto, racconta per immagini la comunità di Cerzeto, tra presente e passato in un continuum suggestivo di vecchio e nuovo anche nell’ambientazione. A sera, dopo una cena in piazza con oltre cinquanta ospiti, preparata con ingredienti locali a km 0 del presidio Slow food locale, il concerto.

Momento topico della giornata e non lo sapevamo. Ad un certo punto, mentre incalzavano i ritmi delle tarantelle, sale sul palco una bimbetta ospite del SAI. Treccine colorate, abitino rosa. Con grazia e disinvoltura, come se avesse fatto solo quello nella sua – breve – vita, inizia a ballare. Balla per oltre un’ora tra l’esaltazione crescente del pubblico. E’ finita con un palco stracolmo di bambini che con la complicità dei musicisti del Parto delle nuvole pesanti scrivevano una delle pagine più suggestive del Festival.

Dopo una notte in cui faticavamo a prendere sonno, con l’eco delle musiche ancora in testa e le forti emozioni di quel momento magico ci avviamo verso San Benedetto Ullano, 1500 abitanti, per il secondo giorno di festival. La sindaca Rosaria Amalia Capparelli ha uno sguardo dimesso, dolce. Sembra timida, parla sottovoce. Eppure la storia dell’accoglienza nasce con lei. Appena si è sparsa la voce che “la sindaca voleva far arrivare i neri”, gli abitanti hanno occupato il Comune. Sembrava una scena da film: quando arrivano Giovanni Manoccio e Giuseppe Rizzo, rispettivamente sindaco di Acquaformosa e di Cerzeto, vedono i cittadini appesi alle finestre, abbarbicati nel palazzo comunale, schierati a bloccarne l’ingresso. Rosaria li aveva chiamati per aiutarla a spiegare il progetto di accoglienza, “dato che nel loro Comune era stato avviato da tempo”. Il racconto di Rosaria si fa emozionante, la sindaca ancora oggi è visibilmente commossa nel ripensare a quel giorno. Numeri alla mano, Giuseppe e Giovanni dimostrano che accogliere è certamente utile alla collettività. “Servono materassi nuovi, case da affittare, ragazzi da assumere, scorte di cibo, qualcuno che aiuti nel sistemare le case, che sappia guidare….” e via di seguito. La cosa quindi cambia aspetto ed è finita, come si suol dire, “a tarallucci e vino”. Finalmente si può partire. La sindaca mantiene la barra dritta e con rigore avvia il progetto. E’ stata successivamente rieletta con l’80% dei voti e prosegue il suo operato. Bello vedere San Benedetto Ullano oggi. Piccolo paesino colorato abbellito anche dal museo itinerante delle porte narranti: una mostra permanente di artisti che hanno decorato i portoni del paese con le storie del passato e della tradizione arbëreshë. “Per sapere dove stiamo andando è bene non dimenticare da dove veniamo”.

Ci stiamo abituando alle sorprese che ogni giorno ci regalano queste comunità accoglienti, nonostante ciò veniamo colte di sorpresa dal racconto spontaneo di due anziane signore salite sul palco a San Giorgio Albanese, il giorno successivo. Ogni sera, nel corso di tutto il festival, sono state premiate delle persone che hanno compiuto gesti di solidarietà nelle comunità e quella sera, il 27 agosto, è toccato a due signore ultra ottantenni. In pieno lock down avevano aiutato una giovane donna afghana a partorire in casa in emergenza. Il parto portava delle complicazioni serie, la donna stava male e i soccorsi troppo lontani. La vicenda si è conclusa con un lieto fine grazie al loro intervento. Il pubblico presente alla premiazione ha potuto ascoltare le loro parole, una serata che svuotato di senso tanta politica xenofoba. Tra la commozione generale e con la voce rotta dall’emozione, hanno sottolineato la bellezza di questa nuova realtà dove il loro paese è finalmente rinato e rivitalizzato da questi nuovi cittadini. Il Comune di San Giorgio (1400 abitanti ) ospita infatti circa quaranta persone e la sede del SAI è nella piazza del paese. Un edificio nuovo aperto per ogni necessità e punto di riferimento dell’intera comunità.

Gli ospiti vivono come ovunque nei progetti di questi Comuni, nelle abitazioni messe a disposizione dei cittadini. E’ tutto così naturale qui, in queste realtà per lo più sconosciute dell’entroterra calabrese. Eppure durante questo viaggio itinerante, tanti gli stranieri presenti, studiosi, appassionati e attivisti di associazioni internazionali venuti a conoscere questo sistema accoglienza. Il 28 agosto a Vaccarizzo alcuni di loro hanno sottoscritto il Manifesto per una Nuova Accoglienza https://comunitasolidali.org/festival-delle-migrazioni-un-nuovo-manifesto-per-laccoglienza/ promosso da 4 università Europee, 10 Associazioni Nazionali ed internazionali, 4 ONG e rappresentanti delle religioni. Sarà presentato all’UNESCO per candidare le migrazioni come bene immateriale dell’umanità, al Parlamento Europeo e alla conferenza PanAfricana che si terrà in Etiopia nel prossimo febbraio.

Badara Seck, l’artista senegalese che partecipa da diversi anni al festival, ha voluto benedire questo momento con un canto rituale di buon augurio. Definire Badara Seck un artista è un termine riduttivo, la sua arte è legata ad un dono ricevuto dalla nascita: essere stato nominato griot dalla sua comunità, colui cioè che ha il compito di trasmettere con la propria voce la tradizione orale degli avi. Il suo messaggio è un grido di pace, un augurio potente che arriva dritto all’anima. Tra le colline brulle del Cosentino, abbiamo avuto tutti il sentore di stare a vivere qualcosa di straordinariamente grande. Sì, eravamo nel posto giusto. Anche questo succede in questi luoghi, in questo festival giunto ormai verso la fine della sua undicesima edizione. Un progetto molto audace che però sin dal suo primo esordio ha riscosso un notevole successo grazie anche alla partecipazione di ospiti di spessore. La presenza ormai consueta di Maurizio Alfano, tra i numerosi relatori presenti, con le sue puntuali analisi ha ancora una volta fornito spunti di riflessione anche a chi da anni è sensibile ai temi delle migrazioni, allo sfruttamento del lavoro e alla questione ambientale. A San Basile, la relazione-spettacolo di Mohamed Ba, artista senegalese, ha ribaltato con grazia e meticolosa precisione, tanti luoghi comuni a cui anche i più sensibili ai temi dell’accoglienza sono soggetti: il suo excursus sulle maschere diffuse sul territorio del continente africano ha evidenziato la filosofia che guida molte delle scelte di questi popoli, il rispetto sacro per la natura, la non centralità dell’uomo e soprattutto la considerazione della donna come genitrice e simbolo di saggezza infinita. La maschera dei Dogon, ad esempio, simboleggia il concetto che in “ogni uomo c’è una donna e in ogni donna c’è una donna” in quanto fonte di vita.

E i numeri parlano da soli: oltre 10.000 presenze di pubblico nei concerti e oltre 600 persone presenti nei convegni e seminari dislocati lungo tutte le tappe del festival. Incontri a tema che hanno affrontato le problematiche legate al fenomeno migratorio a tutto tondo. Del resto, l’associazione organizzatrice, Don Vincenzo Matrangolo, che coordina tutti i progetti territoriali di accoglienza in quest’area geografica delle comunità arbëreshë ha una storia consolidata. Nasce nel marzo 2010 ad Acquaformosa e ad oggi conta 125 persone impiegate, di cui 85 donne, 65 a tempo indeterminato e 60 laureati. L’attuale presidente, Giovanni Manoccio è l’ex sindaco del paese e colui che ha introdotto di fatto l’accoglienza in queste zone. https://tralerigheweb.wordpress.com/2021/08/24/ad-acquaformosa-si-puo/

Dalla sua costituzione sono stati accolti nei vari progetti del territorio oltre 1300 ospiti provenienti da 4 continenti, 75 nazioni e oltre 125 etnie. In queste piccole comunità dove forte è il rispetto delle proprie origini, si accoglie sul serio. Il Festival delle Migrazioni è perciò veramente un festival nel festival dove la bellezza e la sacralità di riti antichi si fonda con le contaminazioni di ogni dove. E’ incredibile notare come la cultura arbëreshë così orgogliosamente protetta dagli eredi di Castriota Scanderberg si incontri con i nuovi abitanti di ogni dove. E si riparte da questi luoghi con i desiderio di non andare più via.

Articolo pubblicato su:

https://comune-info.net/il-festival-che-migra/?fbclid=IwAR1aVFroDCAf0ica40r5M9JkcIdxthR0gkW8JbDOwx5ktLRYABXHXAPV0HE

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